“ACCADONO COSE MERAVIGLIOSE QUANDO LE PERSONE SENTONO CHE LE LORO MENTI SONO TENUTE DENTRO LA MENTE DI QUALCUN ALTRO”.
[Siegel]
John Bowlby introduce il concetto di ATTACCAMENTO come la “propensione innata a cercare la vicinanza protettiva di un membro della propria specie quando si è vulnerabili ai pericoli ambientali per fatica, dolore, impotenza o malattia”. La prima e principale occasione di sviluppare attaccamento è, come ovvio, il periodo immediatamente successivo alla nascita, quando dalla nostra capacità di suscitare accudimento fisico ed emozionale dipende la nostra stessa sopravvivenza.
In base alle risposte della figura di riferimento (che dipendono anche da condizioni economiche, biologiche, esperienze pregresse di relazione, valori e cultura di appartenenza) costruiremo delle rappresentazioni interne di noi stessi, dei nostri simili e del mondo che ci circonda, svilupperemo modelli mentali che influiranno sulla nostra capacità di scegliere i nostri partner, di iniziare e mantenere le future relazioni affettive.
Spiega Siegel, nel suo trattato di neuroscienze “La mente relazionale”, che le capacità di auto-compassione e auto-accettazione emergono fluidamente dagli attaccamenti positivi, risultato di durature, consistenti e affettuose connessioni nei primi anni di vita. Ma possono emergere da un attaccamento sicuro guadagnato anche in chi ha avuto un’infanzia difficile.
Una relazione positiva (con un parente, un insegnante, un amico o uno psicologo) traccia il cammino per creare una relazione positiva con noi stessi e quindi con gli altri.
Giulio Cesare GIACOBBE e la Nuova PSICOLOGIA EVOLUTIVA
Nel suo “Alla ricerca delle coccole perdute”, Giacobbe spiega in modo semplice ed efficace come l’essere umano evolve realizzando 3 personalità naturali:
- Il bambino, che non è autosufficiente e dipende dagli altri. Chiede.
- L’adulto che è autosufficiente ma si dedica soltanto a se stesso. Prende.
- Il genitore (anche senza figli) che si dedica agli altri e quindi è l’unico capace di amare. Dà.
“Immagina un vaso vuoto di liquido,e immagina che questo liquido sia l’amore.
Il bambino è esattamente così: un vaso vuoto che deve essere riempito continuamente d’amore.
L’adulto è un vaso riempito per buona parte del liquido dell’amore, l’amore per se stesso.
Noi proiettiamo sul mondo la nostra visione interiore, gli altri sono sempre una nostra proiezione.
Per amare gli altri, quindi, dobbiamo necessariamente amare noi stessi.
A mano a mano che la fiducia in noi stessi e la nostra sicurezza aumenta, l’amore per noi stessi aumenta, il nostro vaso si riempie sempre di più di amore fino a traboccare.
E allora diventiamo genitori. Il genitore è un vaso traboccante d’amore”.